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In una guida la storia delle maschere apotropaiche

  • In BARI
  • mar 20 Novembre 2018
In una guida la storia delle maschere apotropaiche

Scritto dal maestro della pietra Giuseppe Miccolis sarà presentato tra curiosità ed una mostra fotografica

PUTIGNANO - Lasciare una traccia ai posteri, ma soprattutto informare e divulgare la storia, le usanze e l’arte, in particolare quella dei maestri scalpellini, alle nuove generazioni e affinché le radici non vengano mai ‘tranciate’ ma rimangano nei millenni ed ai turisti affinché possano conoscere più affondo la realtà di una città che visitano. E’ questo l’intento della guida intitolata “Le maschere apotropaiche” (il termine apotropaico deriva dal greco e significa allontanare) scritta dal maestro della pietra Giuseppe Miccolis, arricchito da foto realizzate dallo stesso autore con i figli Stefano e Paolo.

Miccolis, putignanese doc, presidente dell’associazione culturale turistica e di promozione sociale “L’Antica arte del trullaro nella Murgia” (mestiere in via di estinzione ed al quale ha dedicato una precedente guida nel 2016), ha la pietra nel sangue così il mestiere del trullaro, tramandatogli dal nonno materno Cesario Intini, di cui custodisce gelosamente gli antichi attrezzi di lavoro.

La pietra per lui è vita, storia, legame affettivo non solo per generazioni familiari ma soprattutto con la sua terra e la città di Putignano. Quello che i maestri scalpellini nel corso dei secoli hanno scolpito sulla pietra e sulla roccia, non sono solo testimonianza per Miccolis quanto segni e tracce incancellabili, “l’anima di un popolo che racconta la sua storia”. Spesso tiene lezioni a ragazzi ed a turisti per divulgare aneddoti, curiosità, credenze e superstizioni popolari ed antiche usanze. Ora per diffondere queste importanti nozioni si avvale delle guide, preziosi sunti di storia da lui scritte in maniera molto accurata. Tra queste quella dedicata alle maschere apotropaiche, diffuse tra tutti i popoli della terra, ma che qui da noi hanno particolarità che vale la pena conoscere.

Sin dall’epoca del Paleolitico, scrive nella guida (con traduzioni in inglese) Giuseppe Miccolis, l’uomo ha utilizzato maschere per riti magici e propiziatori con l’intento di scacciare gli spiriti maligni. Con il passare dei secoli, lo vediamo ancora oggi, queste usanze pagane, poi adottate anche nel Cristianesimo, hanno cambiato forma ma non le finalità. Se prima infatti si usavano ad esempio feste in onore degli dei, come facevano i Romani a cui risale la credenza che le divinità domestiche, protettrici della casa, fossero sull’uscio d’entrata e che “le forze del male e del bene risiedessero proprio in questo punto”, come si legge nella guida finita di stampare nell’ottobre 2018, nei secoli tale convinzione è rimasta. E’ viva ancora oggi, in alcune case moderne all’interno spesso si trovano appesi sulla porta di casa amuleti quali ferri di cavallo o cornetti rossi. Un usanza che risale dalle maschere scolpite in pietra, le prime hanno fattezze mostruose, venivano realizzate dai maestri scalpellini e poste all’esterno proprio sulle porte d’entrata. Con le vicende storiche le maschere hanno cambiato forma si sono ingentilite, ma la superstizione è rimasta viva e lo è ancora oggi. Lo troviamo ad esempio nelle edicole votive e persino sulle facciate delle chiese dove è facile trovare puttini, angeli o santi, maschere o figure umane intere di varie dimensioni, e persino fiori, frutta e conchiglie, tutti realizzati su conci di pietra e poste su architravi, stipiti, mensole, portali, balconate, scalini e giardini-chiostri, (a seconda delle epoche) ma tutte con la stessa finalità: scacciare il maligno e le cattiverie dagli edifici in cui erano affissi. Oggetti non solo d’arredo e d’arte ma con specifici ‘compiti’ quelli di neutralizzare effetti negativi quali l’invidia, le malattie, la miseria, le malelingue, il malocchio e la sfortuna in genere.

Basta girare per i vicoli della città vecchia di Putignano per accorgersi che sulle case più antiche sono ancora presenti maschere con linguacce, che digrignano i denti o soffiano. Queste generalmente sono di epoca medievale, mentre durante il Cristianesimo si sono trasformate, hanno cambiato sembianze, tant’è, scrive ancora Miccolis, che si trovano sulle facciate delle chiese come San Pietro Apostolo, in piazza Plebiscito, dove ad incorniciare il rosone ci sono angeli e Santi ed una scritta in latino su lastra in pietra. Nemmeno i campanili delle chiese sono stati risparmiati e sono apparsi “per riparare queste dai fulmini, le comunità parrocchiali dalle epidemie” e persino sui coni dei trulli dove solitamente era raffigurato “U’ Saracen Mala carn” (il guerriero saraceno, uomo malvagio che faceva razzia di ogni genere e che proprio in Puglia ha devastato diversi paesi) raffigurato con testa calva, sguardo fisso verso il basso, denti sporgenti e pizzo sul mento.

Usanze e credenze che erano rispettate e diffuse in ogni ceto sociale, ognuno con la propria caratteristica tramandata di generazione in generazione. In campagna, nelle masserie dai signori proprietari terreni e dai contadini che usavano amuleti tratti dal lavoro quotidiano quali cornetti o corna di animali come il bue, ferri di cavallo, forbici aperte e rapaci uccisi messi sulle porte delle masserie e dei trulli. Nel lungo elenco, arricchito da particolari interessanti non mancano anche i battenti dei portoni a forma di leone, per rappresentare la potenza, o quelli con volto di fanciulla adornata da collana ed alloro che nel Medioevo assumeva significati benevoli. La guida si conclude con alcuni vocaboli dialettali putignanesi, alcuni dei quali tradotti in inglese.

Tanti i particolari e le curiosità scritte da Giuseppe Miccolis e che lo stesso avrà modo di raccontare presentando, insieme con Patrizio Pulvento, l’agevole volume di 80 pagine, insieme con una mostra fotografica, il 22 novembre 2018, alle ore 19, nell’auditorium della Chiesa San Filippo Neri di Putignano.

Anna Caiati

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