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Gessi tradizionali via, presto tutori leggeri, colorati e traspiranti

Gessi tradizionali via, presto tutori leggeri, colorati e traspiranti
Da sinistra il dottor Ranaldo, l’architetto Lazzaro e il terzo socio, dottor Trevisan

L’idea rivoluzionaria di un medico tarantino e due padovani sta per terminare il periodo di sperimentazione

TARANTO - Nel campo sanitario ed in particolare nell’Ortopedia e Traumatologia c’è un dispositivo medico, più precisamente un’ortesi per la correzione di problematiche alle ossa fratturate, che sino ad oggi non ha conosciuto una innovazione pari ai tempi che viviamo. Sebbene dal 1850, quando fu applicato per la prima volta un gesso per una frattura, ci siano state evoluzioni per l’uso di materiali, sostanzialmente da oltre un secolo non è cambiato molto nella pratica delle ingessature.

Dal 2015, invece, è stato avviato uno studio, giunto quasi al termine, che sostituirebbe di fatto i gessi tradizionali con ortesi più moderne e dall’aspetto futuristico, oltre che vantaggiosi sotto diversi aspetti. Si tratta di PlayCast frutto dell’omonima start up costituita nel febbraio 2018 dal medico ginosino Davide Ranaldo, specialista in Ortopedia e Traumatologia, e dai padovani architetto Jacopo Lazzaro e dottor Nicola Trevisan responsabile finanziario e terzo socio del progetto.

Tutto è nato, come racconta a Puglia positiva il dottor Ranaldo, vissuto tra Ginosa marina e Taranto dove ha frequentato il liceo “Archita” per poi passare all’Università di Padova dove si è laureato in Medicina e Chirurgia e ha poi conseguito la specializzazione, da un’idea condivisa con l’architetto Lazzaro appassionato della stampa 3D e la voglia, comune, di utilizzare l’apparecchio nel settore medico. Il dottor Ranaldo ha subito pensato, ci confida lui stesso, «a realizzare un gesso ortopedico per le fratture in sostituzione di quelli che dal 1850 non vengono sostituiti», unica tecnica di cura nonché sistema che non ha ancora conosciuto una innovazione, «nel tempo hanno cambiato soltanto il materiale per renderlo più leggero, ma il sistema di immobilizzazione è sempre stato lo stesso».

L’idea da loro lanciata è quella di realizzare le ortesi con una stampante 3D sfruttando la possibilità di poter utilizzare più materiali, colori e soprattutto la possibilità di modellarli, nonché di renderli più leggeri, lavabili e traspiranti. «Siamo partiti – ricorda il dottor Ranaldo – con una stampante base costruita da noi. Abbiamo iniziato il progetto con poco materiale, scarsi mezzi e risorse, per cercare di ottenere tutto con costi bassissimi».

Grazie alla start up, dopo poco più di due anni di esperimenti, e l’arrivo di finanziamenti da privati (ancora oggi nessuna Asl, Regione o Università si è fatta avanti per ‘adottare’ questa straordinaria e rivoluzionaria idea in campo medico, ndr) si è invece potuta utilizzare una stampante 3D più all’avanguardia che consente l’utilizzo di tre diversi tipi di materiale a seconda delle necessità mediche. C’è il ‘tutore’ più rigido che è il Pla ed è un estratto di canna da zucchero e mais, quindi naturale, biocompatibile ed ecologico, compatibile con la pelle dell’uomo e quindi anallergico, ed è di una leggerezza pari ad oltre un terzo del peso di quello di un gesso attuale, caratteristica vincente visto che i gessi, anche con i materiali più nuovi, sono comunque più pesanti, mentre questo quasi non si avverte poichè pesa cinque volte meno. Gli altri materiali sono gomma, quindi più morbido, e materiali siliconici. Caratteristica importante come sottolinea il dottor Ranaldo è che «questi tre tipi di materiali possono anche essere utilizzati insieme ovvero per stampe multimateriali, mixati insieme o assemblandoli tra loro». Sebbene solo il Pla sia ecologico al 100%, anche gli altri materiali sono in qualche modo riciclabili in quanto la stampa avviene a filamento, per cui il materiale può essere riutilizzato in maniera infinita, teoricamente potrebbero essere sciolti per ottenere un nuovo filamento e riusati per altre stampe, non necessariamente gessi. Per poter poi essere impiegati nuovamente come ortesi per fratture «dovrebbero subire un processo di sterilizzazione ma, al momento, costerebbe molto. E’ comunque possibile studiarne il riuso». Un esempio a riguardo giunge proprio dagli stessi inventori che hanno trasformato il primo prototipo inventori in una lampada che ora è utilizzata e arreda lo studio della sede della startup.

Le ortesi decisamente rivoluzionarie possono essere realizzate in vari colori, una ventina la gamma di scelta tra cui alcuni come metalli, ed è questo un fattore molto apprezzato, insieme con altri, dai pazienti che sino ad oggi hanno potuto provarlo in fase sperimentale (oltre una quarantina quelli già realizzati, ma bisogna arrivare a quota 50 per concludere la sperimentazione). «Il colore – spiega lo specialista tarantino che sottopone i pazienti pure ad un test di apprezzamento - cambia il percorso negativo di una frattura o un trauma, anche perché sposta l’attenzione dei conoscenti verso l’oggetto. Piuttosto che la malattia la gente si focalizza sull’oggetto in quanto tutti riferiscono che la gente chiede loro: “cos’è questo?” invece di che “cosa ti sei fatto o ti è capitato?”, poiché non riconoscono il gesso come tale e quindi per molti diventa un modo per non rivivere il trauma subito che può essere dipeso da una caduta banale ma persino da un grave incidente. Quindi anche dal punto di vista psicologico aiuta molto».

Un aiuto in tal senso giunge anche dal fatto che è il paziente a scegliere il colore anche perché consente di indossare gli abiti in maniera più comoda e quindi di nasconderlo meglio e senza dover stravolgere il proprio guardaroba. «Una signora ad esempio – racconta il medico - lo ha fatto realizzare di colore nero poiché dopo qualche giorno avrebbe avuto una cena di gala e doveva indossare un abito proprio di quel colore ed è così riuscita a ben mascherare quasi totalmente il polso fratturato grazie ad una manica un po’ più larga e morbida. A dimostrazione di questo e come ringraziamento ci ha pure inviato delle foto».

Altri vantaggi sono dati dalla realizzazione personalizzata pure nelle misure che vengono rilevate in maniera facile, precisa e indolore, con uno scanner, un tac ridotta che produce una fotografia per la stampa. La trama è caratterizzata da una serie di fori che variano di grandezza e di numero. Più numerosi e più stretti sono più il tutore è rigido, più sono larghi e meno frequenti più è morbido, la presenza e la larghezza di questi variano caso per caso e comunque consentono la traspirazione della pelle e quindi di diminuire il gonfiore che solitamente consegue a chi dopo una caduta si vede applicato un gesso tra grandi e noiose sofferenze. Gli stessi consentono di poter applicare il ghiaccio direttamente sulla pelle così come si può tranquillamente mettere sotto l’acqua fredda l’intera ortesi, quindi si possono effettuare docce e d’estate si possono tranquillamente fra i bagni. Inoltre consente di ridurre molto le complicanze post immobilizzazione per cui la fisioterapia sarà più veloce e con risultati più evidenti da subito.

«Rispetto al gesso tradizionale, per il settore sanitario, costituisce un ulteriore risparmio in tema di risorse in quanto la nuova ortesi va bene da subito – spiega il dottor Ranaldo - Per cui non accade che i pazienti ritornino perché è stata sbagliata l’ingessatura in quanto non risulta mai troppo stretta o troppo larga, e quindi c’è un ulteriore risparmio oltre che sul materiale che, per un polso, è pari a meno di 3 euro (circa il 25% in meno di un gesso tradizionale, ndr)». Pure i tempi ridotti nell’applicazione anche se al momento, ma questo dipende dalla stampante 3D, per realizzare un ortesi PlayCast servono dalle 3 alle sei ore ma siamo certi che l’evoluzione delle stampanti porterà presto a ridurre questi tempi, mentre l’applicazione è di pochi minuti a meno che non sia necessario modellarlo sull’arto, cosa che dipende dal tipo di frattura.

E la ricerca per migliorare quello che appare uno straordinario strumento di terapia nel mondo dell’ortopedia e della traumatologia non si ferma qui. E’ allo studio, brevettata con altre idee (per un totale di cinque), l’applicazione della magnetoterapia direttamente nel tutore in modo da consentire la stimolazione del processo di riparazione ossea e quindi ridurre i tempi di immobilizzazione già dal momento in cui si indossa. Il sistema di chiusura è sicuro in quanto non facilmente apribile e comunque dotato di una “funzione medico-legale” simile a quella dell’apertura di un apparecchio elettrico e quindi antimanomissione che ne garantiscono l’integrità e la mancata apertura forzata. E poi è leggero ed è radio trasparente per cui quando si effettua la radiografia di controllo si può tenere tranquillamente, non va rimosso e nel caso rimesso. Un’idea straordinaria che sicuramente cambierà il settore delle cure ortopediche, grazie all’intuito di un altro pugliese geniale.

Anna Caiati


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