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UniSalento coinvolto nella ricerca di un ‘naso chimico’ antinquinante

  • In LECCE
  • mar 12 Febbraio 2019
UniSalento coinvolto nella ricerca di un ‘naso chimico’ antinquinante

Con altri colleghi europei stanno effettuano una ricerca per progettare recettori per segnalare pesticidi

LECCE - I ricercatori del gruppo di Chimica Fisica dell’Università del Salento sono impegnati in una nuova ricerca europea: un naso chimico per ‘fiutare’ gli inquinanti ambientali. Insieme con colleghi europei stanno progettando recettori di nuova generazione in grado di segnalare la presenza di specifici pesticidi e altri inquinanti.

Lo studio è l’obiettivo del progetto Initio (INnovative chemIcal sensors for enanTioselective detectIon of chiral pOllutants, dall’inglese Innovativi sensori chimici per il rilevamento enantioselettivo di inquinanti chirali) finanziato per quasi tre milioni di euro nell’ambito del programma europeo Horizon2020 (Fet - Future and Emerging Technologies). Del partenariato di progetto fanno parte, oltre all’Università di Lecce, anche l’Università di Roma “Tor Vergata” (capofila, coordinatore di progetto il professor Roberto Paolesse), il Trinity College di Dublino, l’Università di Jyväskylä (Finlandia) e l’Istituto di Chimica e Biologia delle membrane e nano-oggetti dell’Università di Bordeaux (Francia) e la Tallinn University of Technology (Estonia). Sono inoltre coinvolte due imprese private: Interspectrum OU (Estonia) ed Eurochem Italia Srl.

I recettori trovati «saranno successivamente integrati in nano-dispositivi intelligenti, che potranno essere utilizzati direttamente sul campo. Noi a UniSalento ci occuperemo, in particolare, di immobilizzare i recettori sul dispositivo, una parte molto delicata della ricerca» dice il professor Ludovico Valli, ordinario di Chimica Fisica, a guida del gruppo di ricerca UniSalento di cui fanno parte anche Simona Bettini, Gabriele Giancane e Livia Giotta. La ricerca durerà tre anni e l’intero team salentino è ovviamente lieto e onorato di far parte di questo prestigioso studio.

Il progetto mira a sviluppare, appunto, “nasi chimici” di nuova generazione con lo scopo di rilevare gli inquinanti “chirali” di origine farmaceutica e agrochimica. «Si tratta di sostanze che esistono in due forme non sovrapponibili (come le mani sinistra e destra): questa peculiarità molecolare, nota come enantiomeria - spiegano i ricercatori - influisce non solo sul loro impatto ambientale (i due enantiomeri possono degradarsi in tempi molto diversi), ma anche sulla loro tossicità. La sfida è riuscire a identificare e rimuovere l’una o l’altra forma (una può essere più pericolosa dell’altra, ndr). Il progetto vuole così contribuire al monitoraggio e alla salvaguardia ambientale»
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Ma perché si parla di “naso chimico”? «I recettori olfattivi del nostro naso - continuano i ricercatori - sono in grado di captare una grande varietà di odori (composti chimici volatili) attraverso un meccanismo noto come “riconoscimento molecolare”, al quale seguono eventi biochimici e biofisici che consentono la trasduzione fisiologica del segnale. Alcuni animali possiedono un sistema olfattivo ancora più sensibile del nostro, che consente loro di percepire molte sostanze presenti in tracce. Un naso chimico è un dispositivo che mima il fenomeno biologico di riconoscimento molecolare (caratterizzato da elevate selettività e sensibilità) attraverso recettori sintetici preparati in laboratorio che, immobilizzati su idonee superfici, sono in grado di indurre la generazione di un segnale elettrico (o ottico), quando vengono in contatto con la sostanza che si vuol rivelare. La capacità di rispondere selettivamente a una sola delle due forme chirali, è una proprietà tipicamente biologica. Per questo la terminologia “naso chimico” è particolarmente pertinente e mette in luce le caratteristiche “bio-mimetiche” del dispositivo».


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