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Nuova ‘vita’ e look per il Museo Castromediano dopo 150 anni

  • In LECCE
  • mer 12 Dicembre 2018
Nuova ‘vita’ e look per il Museo Castromediano dopo 150 anni

Manterrà l’aspetto antico architettonico ma sarà più moderno negli arredi, nell’accoglienza e nell'offerta

LECCE - A 150 anni dalla sua nascita il Museo Castromediano, il museo pubblico più antico di Puglia, si rifà il look: conserverà il suo aspetto architettonico ma allo stesso tempo sarà più moderno grazie al rinnovo di materiali, senza stravolgimenti di impatto percettivo, sarà potenziata la rete dati, che coprirà tutti gli ambienti per garantire un accesso gratuito a tutti gli utenti del Museo, sarà realizzato un impianto di filodiffusione per l’ascolto della musica e della narrazione delle diverse sezioni che si trovano al suo interno, e sarà allestita una saletta 3D per le proiezioni immersive dove sarà possibile rivivere alcuni importanti ritrovamenti della preistoria. Avrà anche una caffetteria e book shop dove saranno in vendita oggetti pensati e realizzati da designer e artigiani locali ispirati alle collezioni artistiche e archeologiche.

Sono queste le caratteristiche principali del Museo provinciale di Lecce annunciate insieme con il sostegno economico della Regione Puglia, Servizio Provveditorato e Patrimonio, di un milione di euro, per il rinnovo degli spazi e degli impianti tecnologici e che prevedono il rifacimento delle superfici murarie, le pavimentazioni, l’illuminotecnica, la climatizzazione e la rete dati. Il tutto con spazi riallestiti in maniera fluida e conviviale con arredi, interni ed esterni, per consentire la socializzazione, lo scambio e la più ampia partecipazione possibile da parte di ogni cittadino, di diversa età e ceto sociale. Un progetto che alcuni cittadini hanno potuto già vedere nel cantiere avviato durante le visite guidate effettuate nei giorni scorsi e ascoltato in maniera più approfondita dai rappresentanti della Regione, della Provincia e del Comune.

Il Museo Castromediano diventerà incubatore di storie nuove che si misurano con l’antico, di progetti innovativi che mettono in connessione la valorizzazione dei reperti archeologici con i bisogni contemporanei, di giovani che si confrontano con la storia e la creatività, insieme con i docenti e le famiglie. Il “cantiere culturale” ha già cominciato il suo racconto attraverso la voce di chi in questi mesi l’ha riempito di idee e voglia di fare: dal progetto Mua-Musei Accoglienti, che ha coinvolto tutti i musei civici delle Province di Lecce a Brindisi in un dialogo interculturale con le comunità di migranti, al Progetto Artem, una startup finanziata da Pin Puglia che assicurerà al nuovo museo servizi innovativi come spazi per il lavoro in comune, un baby park, un'area per il benessere psico fisico, a molti altri.

Sarà un luogo da vivere tutti i giorni, che non si limita alla sola esposizione dei reperti, pure preziosissimi, che il museo custodisce, ma che aprirà i suoi ampi spazi alla crescita culturale della città e del territorio. Questo in sintesi quanto annunciato il 10 dicembre 2018 durante un incontro nell’ex Convitto Palmieri in cui si è anche ricostruita la storia di colui al quale, nel 1868, fu affidata la presidenza della Commissione nominata dalla Provincia di Terra d’Otranto al fine di conservare i monumenti storici e dei belle arti, per studiare la storia del territorio, individuare e salvare la dispersione di opere e testimonianze, realizzando di fatto la più avanzata risposta del Meridione alla mancanza di leggi di tutela sul patrimonio artistico del nuovo stato unitario.

Costui era Sigismondo Castromediano, nato a Cavallino nel 1811 e morto all’età di 84 anni. Intellettuale aristocratico salentino, protagonista del riscatto risorgimentale, pagò con il carcere l’attività antiborbonica. La sua figura esprimeva la fede nella conquista di un’Italia libera e indipendente, di un Mezzogiorno restituito alla sua dignità, coniugato alla passione per la storia patria e l’antichità. Una vocazione che apparteneva alla nuova storiografia europea del XIX secolo.

Dapprima parlamentare e poi consigliere provinciale dal 1869 al 1878 utilizzò questo incarico per ottenere l’istituzione del museo, avviando con il suo carisma un processo di qualificazione della cultura locale significativo; ottenne fondi, donazioni, depositi di opere, sottraendo dalla dispersione libri, carte, dipinti, sculture, riscattando dalle speculazioni del mercato antiquariale reperti di arte e archeologia, ordinati e accolti nel nascente museo, il quale a partire dal 1869 cominciò a funzionare come istituto di promozione e aggregazione culturale.

A meno di un anno di attività, nel 1869 Castromediano redige con grande entusiasmo la prima relazione per la Commissione, che scriverà ogni anno fino al 1875. Dopo aver tracciato la storia del Salento passa ad elencare nomi e provenienze dei donatori. Descrive gli scavi eseguiti a Vaste, Rudiae e Cellino San Marco. Tra le figure più autorevoli aderiscono alla Commissione diversi studiosi tra cui Francesco Casotti, Pietro Palumbo, Luigi Maggiulli, Giacomo Arditi, Cosimo De Giorgi, Leonardo Stampacchia, Pietro Cavoti, l’erudito giudice Luigi De Simone, il quale riceve dal Duca l’incarico di compiere scavi a Rusce, a Calone e a Vaste e che nella sua abitazione presso Arnesano dove aveva composto una collezione ricca di epigrafi e carte d’archivio passate, dopo la sua morte, al Museo.

Alla fine del 1869, il museo ha già raccolto non solo vasi e reperti archeologici ma anche ceramiche medioevali e moderne, salentine e non, cinquecentine e manoscritti, miniature e dipinti. Nelle Relazioni degli anni successivi compaiono i primi ingressi di sculture e dipinti provenienti dalle demolizioni o dagli abbandoni. Reperti da Ruvo, Egnathia, Canosa recuperando pezzi provenienti da ogni parte della Puglia.

Castromediano dava così un’impronta al museo aperta e interdisciplinare come i suoi stessi interessi che si estendevano a comprendere la fotografia e l’arte contemporanea spingendo la Provincia di Lecce a elargire borse di studio per artisti salentini o prendendo parte ad importanti mostre collettive come la Promotrice Salvator Rosa di Napoli. Da qui la creazione di un nucleo di dipinti e sculture che hanno poi costituito la sezione dell’Otto e Novecento.

Il Museo allestito in alcuni ambienti dell’ex Convento dei Padri Celestini, diventa troppo stretto e angusto per il materiale recuperato, rimanendo tuttavia riferimento per studiosi e visitatori illustri con molti dei quali Castromediano aveva intrattenuto rapporti epistolari: Emile Bertaux, Demetrio Salazaro, Ferdinand Gregorovius, Theodor Mommsen, Paul Bourget.

Morto il Castromediano nel 1895, anche il Museo cade in una zona d’ombra, appartato e dimesso, fino al riordino del Ministero affidato a Pietro Romanelli nel 1925 con la collaborazione di Mario Bernardini poi divenuto direttore. Nel 1965 la Provincia decide di acquistare l’intero complesso dell’ex Collegio Argento da destinare a museo, biblioteca e pinacoteca e affidare a Franco Minissi il progetto di ristrutturazione e allestimento completato nel 1979.

La concezione museografica di Minissi rifletteva l’idea di museo e biblioteca così come si era definito tra gli anni Cinquanta e Settanta, luogo per lo sviluppo democratico della cultura aperto e accessibile ai cittadini. Modificando la struttura all’interno e lasciando intatto l’involucro architettonico originario Minissi riesce a realizzare uno spazio organico e innovativo.

Il 4 marzo del 1980, il Museo viene aperto al pubblico nella nuova sede con la direzione di Giovanna Delli Ponti dando inizio ad una fase più dinamica che troverà la sua definizione con la guida di Antonio Cassiano al quale è stata intitolata la Pinacoteca. Con questa direzione il Museo diventa il centro vitale di un piano di tutela e valorizzazione dell’intero patrimonio artistico del Salento, facendone un luogo di connessione e sviluppo della cultura in continuità con l’idea per la quale era sorto. Dopo la riforma Delrio la gestione del patrimonio del Museo passa alla Regione Puglia con la direzione di Luigi De Luca.

Ora un nuovo compito, dopo un secolo e mezzo di vita, quello di diventare ancora più accogliente ed attraente, in cui lì dove lavorano esperti, archeologi, letterati e studiosi, arrivino i cittadini comuni curiosi e desiderosi di sapere per guardare una bella mostra o semplicemente incontrarsi, parlare, progettare, leggere un libro, ascoltare musica.

L’idea è quella di un Museo che conserva e valorizza la sua eredità architettonica, sia quella ottocentesca di primo impianto che quella contemporanea relativa al rifacimento degli anni ’70 a cura dell’architetto Minissi, che gli diede con il quell’aspetto da “piccolo Guggenaim” che lo ha reso unico nel Sud Italia, ma, al contempo, prova a ricostruire quel rapporto emotivo che per secoli ha legato i luoghi alla storia, alla conoscenza, alle comunità che li abitano.

“Il modo più bello di festeggiare una ricorrenza così importante – ha dichiarato il direttore del Polo Bibliomuseale del Salento Luigi De Luca – è farsi cogliere nel pieno di una trasformazione. Un rinnovamento che da un lato esalterà il museo della conoscenza circolare e democratica che volle Franco Minissi nel concepire le sue avveniristiche architettura oltre 40 anni fa, dall'altro un museo che guarda al futuro, che racconta il suo patrimonio archeologico come il risultato dei secolari, millenari movimenti dei popoli e delle genti nel Mediterraneo. Un Museo capace di riproporre ogni giorno lo stupore e l'enigma dell'appuntamento con la bellezza”.


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