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Tecnologia e finalità sociali nella mano artificiale ideata da giovani

  • In LECCE
  • mar 11 Dicembre 2018
Tecnologia e finalità sociali nella mano artificiale ideata da giovani
Il team di BionIt Labs srl

Tutti professionisti laureati hanno progettato e realizzato un dispositivo all’avanguardia

LECCE - Una mano artificiale ma quanto più possibile simile ad una vera, che possa essere leggera, di facile uso e possa sollevare quanto più peso possibile, il tutto ad un costo contenuto. E’ quanto sono riusciti a realizzare tre giovani salentini riproducendo il prototipo di una protesi frutto di una tesi di laurea e che stanno migliorando. Un dispositivo tecnologico che ha però tanto di sociale e che hanno chiamato Adam’s hand (dall’inglese la “mano di Adamo”).

Giovanni Zappatore, 27 anni di Poggiardo, ingegnere meccanico, Matteo Aventaggiato, 34 anni di Maglie, ingegnere biomedico, e Federico Gaetani, 25 anni di Ruffano, ingegnere dell’informazione e attualmente studente di Ingegneria delle Telecomunicazioni, sono i fondatori della start up BionIt Labs srl che applica le tecnologie informatiche alla bionica per trasformare le disabilità in nuove possibilità. Questi tre giovani non sono soltanto attenti e interessati alla tecnologia che li affascina ma anche al sociale. Vogliono essere d’aiuto a chi per una malattia o un incidente è ‘privo’ di qualcosa che con ingegno, professionalità e dedizione, possono sostituire attraverso la tecnologia. Ad ottobre scorso hanno vinto StartCup Puglia 2018 proprio con la mano bionica e prima ancora Pin Puglia che gli ha consentito l’avvio della start up.

“L’idea è nata da una tesi di laurea studio iniziato con la mia laurea triennale – racconta a Puglia Positiva l’ingegner Giovanni Zappatore – Studio che è proseguito e ho approfondito con la laurea magistrale. E’ stata una sfida personale, in quanto la mano è uno degli elementi ‘meccanici’ più complessi del corpo umano e quindi ho provato a realizzarne una artificiale rendendomi conto sin da subito che avrei potuto, forse, risolvere una serie di problemi a chi vive la mancanza di questo arto, per cui mi sono ritrovato ad affrontare un problema sociale”. Il giovane salentino, che sin da subito si è informato sulle protesi esistenti, ha voluto provare a costruire un prototipo più leggero, più facile da utilizzare e soprattutto con costi inferiori a quelli attualmente sul mercato. Pur essendo riuscito subito nell’intento ha però capito che poteva essere ulteriormente migliorato e con l’aiuto di altri due ingegneri, Aventeggiato e Gaetani, ha realizzato una protesi adatta per chi ha perso l’arto a seguito di eventi traumatici o chi ne è privo a causa di patologie congenite.

Rispetto ad altre simili già in produzione, questa realizzata dai tre giovani salentini è “molto più semplice da controllare rispetto ad altri dispositivi attualmente in commercio – riferisce l’ing. Zappatore – La mano meccanica è più leggera perché è dotata di un solo motore per il movimento di tutte le dita (tutti gli altri ne prevedono uno per ciascun dito, ndr), solleva diversi tipi di peso, ha una autonomia di circa 16 ore giornaliere e ha costi più ridotti, pari a circa un terzo di quelli a fascia alta”. Ma c’è altro di straordinario: consente alle dita di adattarsi automaticamente a forma e dimensione dell’oggetto impugnato. “Non sono delle semplici pinze, come tante altre protesi – spiega l’ing. Zappatore - L’utilizzo e il controllo, da parte chi lo indossa, tra l’altro come un guanto, è molto semplice. Deve solo decidere se aprire o chiudere la mano. E’ la stessa mano artificiale a fare tutto il resto, ovvero ad adattarsi all’oggetto impugnato, attraverso un’intelligenza meccanica interna. Se si dovesse prendere un bicchiere d’acqua, le dita si avvolgono intorno al bicchiere, così come se si dovesse prendere una sfera, lo stelo di un bicchiere a forma di calice o una penna”.

Grazie allo studio di questi giovani, le persone prive di una o entrambe le mani poiché hanno muscoli ridotti e meno ramificati, cosa che non consente loro di controllare ogni singolo dito della protesi, grazie a particolari sensori applicati “possono ora riconoscere e controllare i movimenti di ogni singolo dito” cosa che rende l’arto bionico molto simile ad una mano vera. Altro particolare interessante è che hanno persino realizzato “falangi su misura. Adam’s hand non è prodotta in misura standard ma adattabile ad ogni singola persona perché ha la possibilità di avere ogni singolo dito nelle stesse dimensioni dell’altra mano o proporzionata al proprio corpo”.

Nonostante i costi concorrenziali, hanno previsto l’uso di materiali di ottima qualità. Parte della mano mioelettrica viene prodotta con una stampante 3D, ed è proprio questo apparecchio che consente di rendere personalizzabile la mano meccanica. Il materiale utilizzato è un tecnopolimero avanzato che si chiama carbon-Pa (forte come il metallo) di un’azienda di Bari, mentre le altre parti sono in metallo di quello di uso aeronautico.

Adam’s hand deve questo nome alle iniziali: “A dialogic adaptive modular sensitive hand” ed è, al momento, la protesi più avanzata sul mercato ed unica con queste caratteristiche e particolarità. Oltre al dispositivo hanno sviluppato anche un software interfaccia per la calibrazione del dispositivo stesso per adattarlo meglio ad ogni utente.

Come chiunque sa di aver avuto un’idea geniale e unica, i tre salentini stanno già studiando una seconda versione migliorata nell’estetica e nel risultato del rapporto tra forza che riesce ad esercitare e lo sforzo per farlo. A testarlo, così come il primo prototipo, è un loro coetaneo, salentino, privo di una mano per una patologia congenita. “Abbiamo voluto fortemente – riferisce l’ing. Zappatore – aiutare un giovane della nostra terra. In nostro aiuto è arrivata l’organizzazione benefica “La sfida del cuore” di Monteroni che tre anni fa ci ha presentato questa persona eccezionale, disponibile ed entusiasta come noi ad andare avanti”.

Il loro team, in pochi mesi, si è allargato a dodici. Ai tre fondatori di BionIt Labs srl si sono aggiunti altri giovani laureati, laureandi e professionisti, la maggior parte dei quali ingegneri salentini (ma ci sono anche un giovane di Noci ed un napoletano), nonché un grafico ed un esperto di finanza. Tutti collaboratori, al momento. E stanno cercando altre figure tra cui un ingegnere elettronico ed un amministrativo per la parte burocratica (per ulteriori informazioni invitiamo a visitare il sito web di Adam’s hand).

L’obiettivo, ovviamente, è quello di produrre loro stessi questi dispositivi e venderli direttamente e su più larga scala e formare un’azienda per controllare l’intera catena di produzione, con sede a Lecce, perché vogliono restare in Puglia.

Adam’s hand è solo la prima idea realizzata. Non si fermeranno qui. Hanno già altri progetti nel cassetto pronti per venir fuori e aiutare altre persone, ma serviranno altri fondi. Quelli vinti sino ad oggi con Startcup Puglia e Pin Puglia, insieme con un cospicuo investimento privato e personale, stanno per esaurirsi. Qualcuno dovrebbe incentivare questo progetto e consentire di andare avanti, nonché di avere un lavoro a questi giovani pugliesi la cui genialità è stata riconosciuta con l’attribuzione di una serie di premi e riconoscimenti, l’ultimo arrivato a fine novembre 2018 a Verona dove hanno ricevuto il premio GFactor di Fondazione Golinelli durante il Pni-Premio Nazionale per l’Innovazione, preceduto a settembre da un terzo posto in Heroes, meet in Maratea 2018 su oltre 50 partecipanti e, nello stesso mese, dal secondo posto in Digithon 2018 su oltre 100 partecipanti e a maggio l’ottenimento del Certificato d’eccellenza dell’Unione Europea per il bando SME Instrument, fase 1.

Anna Caiati

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