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Al Policlinico scoperto un marcatore per diagnosticare tumori renali

  • In BARI
  • mer 21 Dicembre 2022
Al Policlinico scoperto un marcatore per diagnosticare tumori renali

Pubblicato su rivista scientifica internazionale lo studio dei ricercatori dell’Urologia

BARI - Scoperto il marcatore del sangue per diagnosticare in modo precoce i tumori renali dai ricercatori e chirurghi dell’Università di Bari. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista International Journal of Molecular Sciences 2022 dove sono messi in evidenza gli importanti risultati della ricerca svolta dall’Unità di Urologia, Andrologia e Trapianto dell’Università di Bari Aldo Moro “MUC1 Tissue Expression and Its Soluble Form CA 15-3 Identify a Clear Cell Renal Cell Carcinoma with Distinct Metabolic Profile and Poor Clinical Outcome”. Una scoperta validata attraverso circa 500 pazienti tutti operati presso l’U.O. di Urologia Universitaria del Policlinico di Bari.

I ricercatori e chirurghi baresi hanno identificato e caratterizzato dal punto di vista molecolare, un particolare sottotipo di carcinoma renale con caratteristiche di alta aggressività. E’ stato evidenziato che quei tumori renali che iper-esprimono una particolare proteina di membrana chiamata Mucina 1, presentano peculiari alterazioni del metabolismo cellulare e possono essere identificati attraverso il dosaggio di un marcatore presente nel sangue noto col nome di CA15-3. Tra l’altro tale marcatore è ampiamente utilizzato nella pratica clinica per la diagnosi e il follow-up delle donne con tumore della mammella. Poiché deriva dalla Mucina 1, i ricercatori baresi hanno scoperto che i suoi livelli si presentano alterati anche in quella sottopopolazione di pazienti con forme più aggressive di carcinoma renale.

Gli autori sono: Giuseppe Lucarelli, Monica Rutigliano, Davide Loizzo, Nicola Antonio di Meo, Francesco Lasorsa, Mauro Mastropasqua, Eugenio Maiorano, Cinzia Bizzoca, Leonardo Vincenti, Michele Battaglia, Pasquale Ditonno.

Il carcinoma renale a cellule chiare rappresenta il tumore maligno più frequente del rene ed uno dei tumori più aggressivi dell’uomo. La mancanza di sintomi specifici e la sua spiccata resistenza ai farmaci chemioterapici lo rendono uno dei tumori più difficili da diagnosticare e da trattare. Ad oggi i meccanismi molecolari che ne causano lo sviluppo e la progressione non sono stati ancora completamente chiariti. Inoltre la eterogeneità biologica e clinica, ovvero le diversità genetiche e di casi clinici, di questa malattia ne incrementa la sua complessità in considerazione anche del fatto che ad oggi non ci sono marcatori che siano di ausilio nella diagnosi precoce e nella identificazione di quei pazienti a rischio di sviluppare una recidiva della malattia.

Questo studio coordinato dal prof. Giuseppe Lucarelli sotto la supervisione del prof. Pasquale Ditonno, si basa sull’osservazione che il carcinoma renale è fondamentalmente una malattia metabolica, in quanto spesso si sviluppa in forma aggressiva proprio in quei pazienti che presentano alterazioni del metabolismo come sindrome metabolica, diabete, obesità, insufficienza renale.

Il gruppo barese è stato tra i primi al mondo a studiare questo tumore dal punto di vista del metabolismo cellulare e a identificare una serie di nuovi marcatori che potessero essere di ausilio nella diagnosi precoce e nell’identificazione di quei pazienti a rischio di sviluppare una recidiva della malattia dopo l’intervento chirurgico a scopo curativo. Va specificato che oggi la chirurgia rimane il trattamento fondamentale per il controllo di questa malattia anche nelle forme più avanzate. L’introduzione della tecnologia robotica, ampiamente utilizzata dagli stessi autori dello studio per il trattamento mininvasivo di questo tumore, in associazione alle nuove terapie a bersaglio molecolare ha rappresentato un ulteriore avanzamento nella cura e nel trattamento di questa malattia.

I risultati ottenuti da questa ricerca hanno importanti implicazioni non solo dal punto di vista della conoscenza dei meccanismi alla base dello sviluppo dei tumori renali, ma presenta importati ricadute dal punto di vista clinico perché ha consentito di identificare un marcatore di aggressività facilmente dosabile attraverso un banale prelievo di sangue ed inoltre pone le basi per lo sviluppo di terapie che riconoscano la Mucina 1 come bersaglio molecolare di nuovi farmaci.

In conclusione, i dati della ricerca barese, on-line sulla rivista International Journal of Molecular Sciences, dimostrano come la proteina Mucina 1 sia un fattore chiave nello sviluppo di forme particolarmente aggressive di carcinoma renale, e suggeriscono che la sua forma circolante nel sangue (il CA 15-3) possa essere utilizzata come marcatore predittivo di recidiva oltre che di possibile risposta terapeutica all'utilizzo di inibitori di Mucina-1 (nuovi farmaci a bersaglio molecolare) in pazienti con cancro del rene.


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