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Dal Gargano e dal Salento le castagne ‘made in Puglia 100%’

  • In FOGGIA
  • gio 07 Ottobre 2021
Dal Gargano e dal Salento le castagne ‘made in Puglia 100%’

Sconfitti un insetto ed un fungo grazie ad un loro 'nemico' naturale

VICO DEL GARGANO - Le castagne, frutti tipici dell’autunno e delle zone boschive, tornano “made in Puglia 100%” grazie ai castagneti salvati e al patrimonio della biodiversità del Gargano, nella zona tra Vico del Gargano, Carpino, Ischitella e Cagnano, e del basso Salento tra Supersano, Alessano e Paduli, sulla Murgia. Coltivazioni che “erano a rischio di estinzione in Puglia e strappati a fatica ai virus alieni e al mal dell’inchiostro”. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, sulla base del monitoraggio della produzione in Puglia dell’albero del pane, il castagno.

“Si tratta di un ritorno atteso di un prodotto molto gradito dai consumatori che è a rischio di estinzione in Puglia anche per la presenza del cinipide galligeno del castagno proveniente dalla Cina. Contro questa minaccia è stata avviata una capillare guerra biologica, così come la difesa contro il mal dell’inchiostro”, spiega Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.

A pesare - sottolinea Coldiretti Puglia - sono stati, oltre al clima, gli attacchi di un insetto e di un microrganismo patogeno. A minacciare i castagni di tutta Italia sono l’imenottero cinese, il cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus), che da anni infesta i boschi, tanto piccolo quanto dannoso poichè provoca nella piante la formazione di galle, ingrossamenti delle gemme di varie forme e dimensioni, e il mal dell’inchiostro, la malattia provocata dall’agente patogeno Phythophthora cambivora, un fungo appartenetene alla classe degli Oomycetes che provoca danni visibili con macchie necrotiche che hanno la caratteristica forma a “lingua di fuoco”.

In Puglia fortunatamente c’è chi non si è arreso a questi “nemici” e come Peppe Calabrese, un agricoltore eroico di Vico del Gargano, che si prende cura di un castagneto di 80 anni, è riuscisto a sconfiggere il cinipede del castagno con la lotta biologica adottando la diffusione dell’insetto antagonista naturale Torymus sinensis e dal 29 settembre ha iniziato la raccolta della prelibata varietà di castagne San Michele. “L’umidità del mese di settembre ha provocato un calo del raccolto, ma la qualità è straordinaria – dice Peppe Calabrese – con la castagna dalla buccia lucida che viene via molto facilmente e il frutto è molto dolce”.

Si resta ancora lontani – sottolinea la Coldiretti – dalle quantità produttive del passato per quello che Giovanni Pascoli chiamava “l’italico albero del pane”, simbolo dell’autunno nei libri scolastici di molteplici generazioni di giovani scolari. Basti ricordare che nel 1911 la produzione di castagne ammontava a 829 milioni di chili, ma ancora dieci anni fa era pari a 55 milioni di chili. Ora però si aggiunge la speranza di un ritorno gradito.

Le castagne sono note all’uomo fin da tempi immemorabili, qualcuno le fa risalire alla prestoria, ma il primo a parlarne è stato lo storico greco Senofonte, vissuto tra il 430 e il 355 A. C, che definisce il castagno “l’albero del pane”. Di castagne parla ancora Virgilio (il quale suggerisce d’innestare il castagno sul faggio) che le ricorda cucinate con il latte e mangiate con il formaggio. Per secoli un vero alimento, o un obbligato surrogato di mais e patate importate dall’America, presente sulle tavole dei contadini. Grazie alle castagne, tante comunità rurali hanno potuto fronteggiare carestie, crisi economiche. Poi un lento abbandono con lo spopolamento delle aree interne della nostra penisola.

Tanta la concorrenza estera anche nell’importazione e vendita pure di questo frutto. Da qui la richiesta di Coldiretti di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia.

Le castagne sono un patrimonio che continua a essere presente nelle tradizioni alimentari autunnali degli italiani e dei pugliesi da consumare – conclude la Coldiretti – in diversi modi: arrosto (dopo averle incise sul lato bombato metterle in una padella di ferro con il fondo forato e cuocerle o sul fuoco vivo o in forno per circa 30 minuti, dopo la cottura si consiglia di avvolgerle in un canovaccio umido); lesse (dopo averle lavate accuratamente, cuocerle in abbondante acqua salata per circa 40 minuti); cotte in latte e zucchero; usate per particolari ripieni, nella preparazione di primi piatti o elaborati secondi a base di carne.


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