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Cardiochirurgo di Bari ‘rivoluziona’ la tecnica del bypass coronarico

  • In BARI
  • mer 05 Agosto 2020
Cardiochirurgo di Bari ‘rivoluziona’ la tecnica del bypass coronarico

Con uno studio di 10 anni effettuato insieme con altri specialisti

BARI - Tra gli interventi specialistici di cardiochirurgia il più diffuso è sicuramente il bypass coronarico, pari al 25% delle operazioni effettuare sul cuore. Nella maggior parte dei casi, questa tecnica chirurgica serve a curare occlusioni o stenosi (restringimenti) delle arterie coronarie.

In Puglia ogni anno sono 1.300 in media i pazienti che necessitano di interventi di bypass cardiaci, di questi circa 800 vengono trattati tra Bari e provincia (dati Ipres - Istituto Pugliese di Ricerche Economiche e Sociali).

E proprio a Bari è stato condotto uno studio, durato 10 anni, per una nuova metodica chirurgica per il bypass aortocoronarico in base alla quale si utilizza l’arteria radiale per garantire una migliore riuscita dell’intervento e nel contempo di una più lunga aspettativa di vita del paziente. Ad ‘inventare’ questa nuova tecnica rivoluzionaria sono stati gli specialisti dell’Anthea Hospital, ospedale accreditato con il Servizio sanitario nazionale, fa parte del gruppo Gvm Care & Resarch. Uno studio che la rivista medico-scientifica Jama (Journal of the American Medical Association), tra le più rilevanti e note al mondo, ha pubblicato per divulgare l’efficacia dimostrata.

La ricerca in materia, dopo 10 anni di studi clinici, è stata seguita e pubblicata con le firme di due cardiochirurghi: il dottor Giuseppe Nasso, responsabile dell’Unità operativa di Cardiochirurgia dell’Anthea Hospital ed il dottor Giuseppe Speziale, responsabile delle Cardiochirurgie di Gvm Care & Research. Sono loro ad aver condotto uno studio internazionale multicentrico (in collaborazione con altre strutture ospedaliere) che si è rivelato una pietra miliare nella tecnica del bypass aortocoronarico.

Nato da una collaborazione medica internazionale, il team denominato “Radial Investigators”, di cui il dottor Nasso è uno dei fondatori insieme con il professor Mario Gaudino della Cornell University di New York, ha dimostrato come l’utilizzo dell’arteria radiale nel bypass aortocoronarico risulti estremamente vantaggioso rispetto all’utilizzo della vena grande safena.

I primi risultati dopo un follow-up di 5 anni furono pubblicati sul “New England Journal of Medicine” ed ora gli autori dello studio hanno dimostrato e pubblicato, a distanza di 10 anni dagli interventi, come utilizzare l’arteria radiale per il bypass riduca il rischio di sviluppare nuovi infarti e soprattutto il tasso di mortalità per cardiopatia ischemica nel tempo.

“Abbiamo concluso che questo approccio permette al paziente non solo di vivere meglio nel corso degli anni successivi, ma soprattutto di vivere più a lungo, questo perché si riduce l’incidenza di nuovi infarti e di essere sottoposto a nuove procedure di rivascolarizzazione miocardica – commenta il dott. Nasso – L’arteria radiale, infatti, al contrario della vena safena, anche dopo tanto tempo rimane funzionante, mentre la vena grande safena tende purtroppo a chiudersi”.

Importante sottolineare che nel post-operatorio i pazienti devono eliminare tutti i fattori di rischio che li hanno portati alla malattia, tra cui fumo, pressione arteriosa alta, dieta con un elevato contenuto di grassi insaturi, o anche elevati valori di colesterolo e trigliceridi.

“Se non si eliminano questi fattori di rischio, qualsiasi bypass nel tempo non sarà sufficiente a risolvere la patologia coronarica ma ancora peggio si avrà una progressione della malattia sulle altre coronarie”, conclude il dottor Nasso.


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